Vino di Lessini
L’ambiente e i suoli
Potrà sembrare una frase fatta, ma il Parco Nazionale dei Monti Lessini racchiude un patrimonio unico di biodiversità. Eppure, questo patrimonio incide in modo decisivo sulla qualità ambientale dei vigneti e, di conseguenza, sull’autenticità e la genuinità dei vini. Pur essendo il territorio caratterizzato da un vissuto geologico piuttosto complesso, nelle zone oggi dedicate alla vite sono predominanti rocce vulcaniche e vulcanico-detritiche basiche: ci troviamo davanti, insomma, ad un terroir vitivinicolo schiettamente vulcanico.
Lessini
L’ambiente e i suoli
Potrà sembrare una frase fatta, ma il Parco Nazionale dei Monti Lessini racchiude un patrimonio unico di biodiversità. Eppure, questo patrimonio incide in modo decisivo sulla qualità ambientale dei vigneti e, di conseguenza, sull’autenticità e la genuinità dei vini. Pur essendo il territorio caratterizzato da un vissuto geologico piuttosto complesso, nelle zone oggi dedicate alla vite sono predominanti rocce vulcaniche e vulcanico-detritiche basiche: ci troviamo davanti, insomma, ad un terroir vitivinicolo schiettamente vulcanico.
I suoli sono moderatamente profondi, con tessitura fine e con scheletro basaltico scarso in superficie ma più abbondante in profondità, a testimonianza, anche, delle origini oceaniche del territorio. Quarantacinque milioni di anni fa, infatti, bolle di magma in risalita diedero origine a queste strette vallate oggi verdeggianti, sollevandole dal fondo del mare primordiale. Dal punto di vista climatico, poi, le elevate escursioni termiche stagionali e quotidiane esaltano ancor più il potenziale aromatico delle uve.
Per la loro porosità, le terre vulcaniche sono in grado di accumulare acqua e calore solare, rilasciandoli lentamente. Sono inoltre ricche di sostanze nutrienti per la vite e fanno da barriera naturale contro le malattie del suolo. Per queste ragioni la viticoltura su terreni vulcanici richiede minori interventi esterni ed è quindi qualitativamente superiore ed ecologicamente più sostenibile. L’Italia è il Paese vinicolo in cui si trova la maggior varietà di territori vulcanici, eppure quelli storicamente vocati alla viticoltura si contano sulle dita di una mano.
I Monti Lessini sono certamente tra questi, ma i suoli che li caratterizzano sono al tempo stesso abbastanza vario: di diversa identità vulcanica, si potrebbe dire. Alcuni fondovalle, ad esempio, presentano tessiture abbastanza sciolte, con media o scarsa componente calcareo-scheletrica. Tuttavia, circa la metà del comprensorio della Lessinia è occupato effettivamente da ripidi colli basaltici di origine vulcanica, di buona densità acida, che a volte si manifestano sottoforma di tufi neri.
Il risultato dei movimenti vulcanici avvenuti in Lessinia è un mosaico di marne tufacee rosso-violacee, calcari attivi e, come si diceva, scheletro basaltico. Le prime donano al Durello ed al Gambellara – altro comprensorio vulcanico della bassa Lessinia, al confine con il Soave con cui condivide la garganega – struttura e complessità, i secondi conferiscono agli stessi vini dinamismo ed eleganza.
Storia e vitigno
La viticoltura sui Monti Lessini cominciò con l’arrivo dei Romani, un po’ come in tutta la zona circostante. Anche se è difficile identificare le uve allora allevate, è suggestivo individuare, tra i vitigni citati da Plinio il Vecchio, un tale duràcinus, ovvero “dalla buccia dura”. Un nome che riecheggia l’odierna durella e che sembra tornare nel Medioevo: in documenti locali del 1292 si trova citata una varietà detta “duràsena”, che doveva essere già molto diffusa. Le contrade dei Monti Lessini furono segnate anche dal passaggio dei Cimbri, un popolo germanico che si insediò sui monti del vicentino nel Medioevo, famoso anche per l’arte metallurgica e casearia.
La durella è una varietà a bacca bianca dal grappolo alato e compatto. Il nome deriva dalla durezza o compattezza della buccia e dalla elevata acidità totale che caratterizza il vino, che ne permette un’elevata longevità e ottimi risultati con la spumantizzazione. Queste considerazioni oggi possono essere date per assunte, ma il vitigno, nei decenni passati, ha rischiato l’abbandono, perché pochi viticoltori puntavano su una varietà così ostica da bere in gioventù e – non ultimo – esigente in vigna.
È quindi merito di pochi illuminati proprietari, come Renato Cecchin, se negli anni Settanta si è cominciato a reimpiantare la durella soprattutto nell’ottica, all’epoca pionieristica, di farne una base spumante anziché un bianco macerato dallo stile antico come – anche per limiti tecnologici – si faceva in passato. A Cecchin si deve anche l’invenzione di una gyropalette ante litteram, una sorta di contenitore esagonale per bottiglie in grado di effettuare il rémuage con un semplice gesto: segno, questo, di quanto la spumantistica a metodo classico abbia contribuito al rilancio vitivinicolo della Lessinia.
La durella ama le buone esposizioni ma soprattutto esige nel vigneto un buon ricambio di aria. Eppure la durella garantisce, allo stesso tempo, buona vigoria e produzione costante, anche grazie alle precipitazioni non esigue del Vicentino. Autoctono dei Monti Lessini, la durella è una vite antica e rustica che dona uve dorate la cui caratteristica fondamentale è un tipico sapore acidulo – dovuto proprio all’elevata acidità fissa dell’uva e alla singolare concentrazione di acido malico – e, in caso di macerazione, una tannicità chiaramente percepibile. Graffiante e verticale, è una varietà in questo senso tipica dell’offerta autoctona italiana. E, in particolare, ha tutte le carte in regola – compresa la sapidità, conferita dall’alta componente minerale dei suoli vulcanici – per esibirsi in grandi spumanti a metodo classico anche dopo tantissimi mesi di riposo in bottiglia.
La durella metodo classico si presenta con una spuma fine e persistente e con un colore giallo paglierino più o meno carico, con riflessi verdognoli che, con l’età, evolvono verso il paglierino e il dorato. I profumi sono caratterizzati da sentori di marini di gesso e iodio che sembra esaltare note più floreali di sambuco e biancospino. In bocca è la sua vibrante acidità a definirne il carattere. Ritornano i sentori marini tipici di questo territorio e, anche se il corpo non è mai eccessivo, la sensazione di sapidità nobilitata da un retrogusto minerale e amarognolo non sembra mai esaurirsi. Proprio per queste caratteristiche, ha una grande duttilità, sia come aperitivo che per i piatti più grassi e sapidi.
Disciplinare
Benché i Monti Lessini siano dal Medioevo la patria della durella spumantizzata, il disciplinare della DOC Monti Lessini, istituita nel 1987, contempla diverse tipologie di vino. C’è il rosso, che è un blend di uve internazionali come il merlot, che deve occupare almeno il 50% dell’uvaggio; e c’è il bianco fermo, che prescrive un minimo del 50% di chardonnay. Quanto alla durella, si può imbottigliare come Monti Lessini DOC anche in versione ferma o sottoposta ad appassimento: ne deriva, al caso, un bianco magro ma molto fresco e fragrante, generalmente giovane, e un passito avvolgente ma straordinariamente verticale, tutt’altro che stancante.
La versione oggi considerata più performante e tipica della durella è però la bollicina, tanto che dal 2019 a questa tipologia la legislazione riserva una denominazione a sé stante, chiamata Lessini Durello DOC. Questa denominazione include, con uve durella almeno per l’85% dell’uvaggio (con possibili aggiunte di chardonnay, garganega, pinot bianco e pinot nero), anche spumanti prodotti con metodo charmat: pratica nobile, ma che in zona è assai poco rappresentativa delle potenzialità della durella lungamente lasciata a riposo sui lieviti in bottiglia.
Da disciplinare, per la durella metodo classico sono sufficienti 36 mesi sui lieviti per fregiarsi della menzione “riserva”: tuttavia, i prodotti più sensazionali da punto di vista qualitativo possono raggiungere i 120 mesi di affinamento, con esiti di cremosità, setosità e pastosità che si possono immaginare. Quanto alle tipologie per dosaggio, sono praticate il brut, l’extrabrut e, per gli amanti del dialogo con una durella senza compromessi, nuda e cruda, il pas dosé.
Pur non ancora introdotti a disciplinare, anche nei Monti Lessini è possibile individuare alcuni cru, che sussistono nelle zone a più densa componente vulcanica nei suoli, tra cui spiccano i filari arroccati intorno al monte Calvarina, che danno vini agrumati, eleganti e speziati di grande effetto spumantistico, e verso Agugliana, in pieno Vicentino, che regalano calici di ottima struttura e intensità, ideali anche come vini fermi.
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