Vino di Barbaresco DOCG
Le colline situate appena a sud del Tanaro poco più a oriente rispetto ad Alba hanno da sempre costituito la culla naturale di uno dei più grandi nebbiolo italiani. Sino alla fine dell'Ottocento, tuttavia, questa ristretta regione ha sofferto della concorrenza del vicino Barolo, cui peraltro conferiva grandi quantità di uva. Solo all'inizio del nuovo secolo i vignaioli locali, riunitisi in cooperativa nel 1894 (da cui gli ancora attivi Produttori del Barbaresco), cominciarono a prendere coscienza delle potenzialità qualitative e commerciali del proprio prodotto.
Produttori del Barbaresco Barbaresco 2020
Marchesi di Barolo Barbaresco Ris. della Casa 2014
Cantina del Glicine Barbaresco Marcorino 2016
Marchesi di Barolo Barbaresco Serragrilli 2017
Marchesi di Grésy Barbaresco Martinenga 2017
Barbaresco DOCG
Le colline situate appena a sud del Tanaro poco più a oriente rispetto ad Alba hanno da sempre costituito la culla naturale di uno dei più grandi nebbiolo italiani. Sino alla fine dell'Ottocento, tuttavia, questa ristretta regione ha sofferto della concorrenza del vicino Barolo, cui peraltro conferiva grandi quantità di uva. Solo all'inizio del nuovo secolo i vignaioli locali, riunitisi in cooperativa nel 1894 (da cui gli ancora attivi Produttori del Barbaresco), cominciarono a prendere coscienza delle potenzialità qualitative e commerciali del proprio prodotto.
Del resto, alcune delle prime espressioni del nebbiolo vinificato secco – cosa non del tutto scontata fino a un paio di secoli fa – si registrarono proprio a Barbaresco, sia con Domizio Cavazza, che fu tra i fondatori della Cantina Sociale, sia con Louis Oudart, che già all’esposizione di Londra del 1862 ottenne una medaglia e una menzione con il suo nebbiolo secco di Neive. A partire dalla seconda metà del Novecento, l’identità propria del Barbaresco si consolida definitivamente: merito di personalità iconiche nel mondo del vino italiano come Bruno Giacosa e Angelo Gaja, che hanno codificato il nebbiolo di Barbaresco come uno dei grandi vini di Langa e, quindi, del mondo.
Il Barbaresco nasce nelle Langhe, quelle che secondo molti sono le “lingue” di terra che si sviluppano in forma di colline. Zone che rappresentano il contesto ideale per la viticoltura di qualità, perché la struttura “a promontorio” di queste colline Patrimonio dell’Umanità UNESCO favorisce la disposizione dei vigneti come in un teatro naturale perfettamente esposto al sole e alle correnti migliori.
Dal punto di vista geologico, le Langhe hanno origine nell'Era Terziaria o Cenozoica, iniziata quasi 70 milioni di anni fa, da cui oggi queste colline ereditano le caratteristiche marne bianche, dense e compatte, ideali per mettere sotto stress le radici delle viti e, quindi, ottenerne rari ma eccellenti frutti. È il classico suolo “tortoriano”, composto da strati di marne e sabbie che assumono nell’insieme un colore grigio-bluastro e compongono, appunto, colline basse, tondeggianti e disposte in dolci pendii.
Soggetti al classico clima langarolo, altalenante e complesso, i vigneti del Barbaresco insistono su suoli prevalentemente argilloso-calcarei, e prediligono naturalmente le esposizioni meridionali. I comuni del comprensorio sono solo tre: Treiso, che dà vini di maggior struttura, Neive, che regala calici di grande finezza, e infine Barbaresco, che unisce ricchezza e longevità in quelli che sono forse i vini più completi della denominazione.
Granato-aranciato al calice e tipicamente ampio al naso, il Barbaresco si dipana e si differenzia in numerosi cru, alcuni dei quali hanno assunto un rilievo decisamente storico per via dell'eccellenza qualitativa che sono in grado di raggiungere: il maestoso Barbaresco Rabajà, Albesani, l’elegantissimo Asili, Montefico, Montestefano, Pajè, Pora, Muncagota... E a questa specificità si aggiungono gli affinamenti, decisi e prolungati, generalmente condotti in grandi botti di rovere per due anni, che diventano minimo quattro per le riserve.
Che differenza c’è tra Barolo e Barbaresco? La domanda, a dire il vero, non è proprio ben posta, in quanto all’interno di queste due pur piccole denominazioni – entrambe nebbiolo in purezza – ci sono così notevoli sfumature e varietà territoriali che è impossibile tracciare un confine netto. Secondo un antico cliché, che tuttavia cela un fondamento di verità, il nebbiolo di Barbaresco esprime generalmente una maggiore rusticità, un’autenticità più verace e contadina rispetto all’elitaria aristocrazia del Barolo.
Certo, è anche vero che molti vini di Barbaresco, come quelli di Angelo Gaja, sono famosi nel mondo per l’assoluto ed armonico equilibrio che li contraddistingue, anche nel lungo affinamento per cui sono concepiti (Barbaresco Gaja). È probabile che Barbaresco non realizzi nebbioli di profondissima complessità “cerebrale” come alcuni Barolo di Serralunga d’Alba, ma è anche vero che – come dimostrano gli affinamenti prescritti dal disciplinare di produzione, che sono più brevi – questo comprensorio regala rossi che, per gli amanti del tannino deciso, sono impareggiabili a tavola anche in giovane età. Il prezzo del Brabaresco è variabile; si hanno infatti bottiglie per tutte le tasche e per tutti i gusti.
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