Vino di Basilicata
Le testimonianze di Orazio, che era di Venosa, e di Plinio attestano come già nell’antichità il centro propulsivo e qualitativo della viticoltura lucana fosse la parte settentrionale della regione, verso il Vulture: un gigantesco vulcano spento che ospita il comprensorio più vocato. Intorno al Vulture, innevato d’inverno e con viti che si spingono oltre i 600 metri di altitudine, cittadine come Melfi, Rionero e Barile sono considerati i veri e propri cru dell’aglianico locale. Uva ostica, l’aglianico, qui come in Irpinia, è nervosa e pimpante in gioventù, ma nel lungo affinamento dà sensazioni straordinarie per struttura, eleganza, sottigliezza e classe del tannino. I suoli vulcanici di questa zona, con inserti tufacei e argilloso-calcarei, rappresentano uno scenario incredibilmente perfetto per la produzione di un aglianico dalla personalità unica, forse il più grande e valorizzato rosso del Sud.
Cantine del Notaio Aglianico del Vulture Il Repertorio 2021
Basilisco Aglianico del Vulture Teodosio 2020
Elena Fucci Aglianico del Vulture Superiore Titolo 2019
Cantine del Notaio Aglianico del Vulture Il Sigillo 2016
Elena Fucci Aglianico del Vulture Titolo 2021
BIO
Musto Carmelitano Aglianico del Vulture 2017
BIO
Cantine del Notaio Aglianico Rosato Il Rogito 2021
Re Manfredi Aglianico del Vulture Re Manfredi 2013
Cantine del Notaio Passito Bianco L'Autentica 2016 (0,5 L)
Michele Laluce Aglianico del Vulture S'Adatt 2013
BIO
Michele Laluce Aglianico del Vulture Zimberno 2013
Paternoster Aglianico del Vulture Don Anselmo 2013
Basilisco Aglianico del Vulture Fontanelle 2015
Musto Carmelitano Vulture Pian del Moro 2011
BIO
Paternoster Aglianco del Vulture Synthesi 2016
Paternoster Aglianico del Vulture Rotondo 2015
Musto Carmelitano Maschitano Rosso 2017
BIO
Michele Laluce Aglianico del Vulture Le Drude 2012
BIO
Basilisco Aglianico del Vulture Sup. Storico 2012
Basilisco Aglianico del Vulture Basilisco 2017
Re Manfredi Aglianico del Vulture Serpara 2013
Musto Carmelitano Serra del Prete 2017
BIO
Basilicata
Le testimonianze di Orazio, che era di Venosa, e di Plinio attestano come già nell’antichità il centro propulsivo e qualitativo della viticoltura lucana fosse la parte settentrionale della regione, verso il Vulture: un gigantesco vulcano spento che ospita il comprensorio più vocato. Intorno al Vulture, innevato d’inverno e con viti che si spingono oltre i 600 metri di altitudine, cittadine come Melfi, Rionero e Barile sono considerati i veri e propri cru dell’aglianico locale. Uva ostica, l’aglianico, qui come in Irpinia, è nervosa e pimpante in gioventù, ma nel lungo affinamento dà sensazioni straordinarie per struttura, eleganza, sottigliezza e classe del tannino. I suoli vulcanici di questa zona, con inserti tufacei e argilloso-calcarei, rappresentano uno scenario incredibilmente perfetto per la produzione di un aglianico dalla personalità unica, forse il più grande e valorizzato rosso del Sud.
DOC di gran lunga più significativa della Basilicata, l’Aglianico del Vulture, dopo almeno un anno in cantina o almeno tre, con legno, nella tipologia Superiore (cui è stata riconosciuta la DOCG), affronta senza problemi una sosta in botte piccola, anzi ne trae beneficio. I produttori più intelligenti, che lavorano a un aglianico fine e minerale, insomma “per sottrazione”, non muscolare, optano anche per il recupero degli antichi impianti “a capanno” (una sorta di alberello retto da canne a forma di cono) e per la vinificazione separata dei cru. Contemporaneamente, si vanno recuperando le antiche cantine del Sheshë a Barile, scavate cinque secoli fa dagli arbëreshë e tutt’oggi visitabili con le loro suggestive pareti in pietra nera lavica.
Meno significativi gli altri comprensori. Nell’alta valle del fiume Agri si producono soprattutto vini da uve internazionali, su filari di alta collina che beneficiano di elevate escursioni termiche e di terreni ricchi di sabbia e argilla. In media valle, invece, spicca il Grottino di Roccanova DOC, così chiamato perché i vini della zona (bianchi da malvasia locale, rossi da sangiovese, malvasia nera, montepulciano, cabernet sauvignon) si lasciano ancora affinare in caratteristiche grotte scavate nell’arenaria. Ancora da valorizzare i vini del Materano, da uve internazionali solitamente in blend con i vitigni tipici della vicina Puglia.