Nebbiolo vs Sangiovese
I due migliori rossi italiani a confronto. Questa sfida a colpi di stappi e bicchieri è il più avvincente derby del vino italiano. Barolo, Langhe, Piemonte da un lato. Brunello, Chianti e Toscana dall’altro. Basteranno le differenze tra questi due colossi a decretare un vincitore?
Anche un assaggiatore poco esperto, di fronte a un calice di un grande nebbiolo o di un grande sangiovese, percepisce la grandezza di questi rossi. La loro intensità e complessità, la loro profondità sensoriale sono fattori riconoscibili anche senza le competenze di un esperto sommelier. Per un palato più esercitato, classe ed eleganza, destinate ad accentuarsi con l’evoluzione, sono caratteristiche perfino inconfondibili in un nebbiolo e in un sangiovese.
Nebbiolo e sangiovese: due storie a confronto
Quali sono le origini del nebbiolo e del sangiovese
Abbiamo un legittimo sospetto. Forse tra nebbiolo e sangiovese ci sono più analogie che differenze. La storia ci assiste. Entrambi i vitigni hanno un’origine molto antica. Di nebbiolo si parla dal 1200, vicino a Torino. Di sangiovese a partire dal 1500 circa, ma il mitico “sangue di Giove” toscano è probabilmente documentato ancor prima sul territorio, tanto che era quasi certamente noto agli Etruschi.
Ad ogni modo, entrambi i vitigni, rispetto alle loro origini, hanno viaggiato ben poco. Sono rimaste più o meno lì dov’erano secoli fa. E, quindi, più autoctone di così non si può! Si sono, semmai, diversificate sul territorio. Oggi si contano poco più di 100 cloni di sangiovese e oltre 40 di nebbiolo, tra cui alcune note sottovarietà come lampia, michet e poche altre.
Quando nebbiolo e sangiovese sono diventati grandi vini
Anche la storia recente di nebbiolo e sangiovese è abbastanza simile. Nelle loro massime espressioni, entrambi hanno ottenuto i primi riconoscimenti legali nell’Ottocento, a ridosso dell’Unità d’Italia, e grazie ad eminenti politici: Cavour e Sella per il nebbiolo, Ricasoli per il sangiovese.
Questi politici erano anche titolari di importanti tenute agricole. Se volete provare il gusto della storia, vi basterà acquistare su Italvinus un grande Lessona delle Tenute Sella oppure gli splendidi Chianti Classico di Barone Ricasoli.
I primi disciplinari di produzione, le prime DOC e le prime grandi cooperative di produttori nascono poco dopo e decretano in pochi decenni lo straordinario successo commerciale di marchi come le Langhe e il Chianti.
Tra i vini migliori al mondo, questi prodotti della nostra terra hanno saputo convincere amanti del vino di tutti i paesi. I maggiori critici (James Suckling, Robert Parker e Gambero rosso, per citarne alcuni), hanno assegnano ogni anno punteggi elevatissimi a vini prodotti da uve nebbiolo e sangiovese.
Nebbiolo contadino, sangiovese aristocratico
Ancora oggi, tuttavia, sussiste una grande differenza tra nebbiolo e sangiovese che riguarda la storia vitivinicola dei rispettivi territori: contadina, parcellizzata e familiare quella piemontese, concentrata intorno a piccoli borghi agricoli; aristocratica quella toscana, raccolta intorno agli ampi possedimenti nobiliari dei casati del posto, sotto forma di eleganti tenute agricole e di maestosi castelli privati.
Le differenze morfologiche
Nebbiolo esigente, sangiovese più generoso
La grandissima parte del nebbiolo e del sangiovese è oggi allevata con moderni sistemi a spalliera, quindi filari. Piccole porzioni del nebbiolo, specie in alto Piemonte, sono ancora coltivate con antiche pergole basse.
Tra nebbiolo e sangiovese, il primo è sicuramente più esigente. Il nebbiolo matura tardivamente, anche a metà ottobre, mentre il sangiovese è normalmente pronto prima, dalla metà di settembre a inizio ottobre. Entrambe le uve hanno un lungo ciclo vegetativo stagionale, ma il nebbiolo in modo particolare: infatti, germoglia precocemente.
Quanto alle rese, il nebbiolo si conferma più capriccioso. Produce abbastanza bene, ma è incostante, molto soggetto all’andamento climatico stagionale. Il sangiovese è invece più vigoroso e produttivo, insomma relativamente abbondante.
Caratteristiche dell'acino
Tra le altre differenze morfologiche che impattano sul prodotto finale, c’è sicuramente la maggiore quantità di pruina che ricopre gli acini del nebbiolo rispetto al sangiovese. Che cos’è la pruina? È quella patina bianca e cerosa che riveste gli acini, e che è molto importante in vinificazione in quanto trattiene molti lieviti naturali.
Inoltre, pur avendo entrambi i vitigni bucce consistenti, quella del nebbiolo è più sottile e meno concentrata di pigmenti e sostanze solide. Questo è il motivo per cui, in macerazione, le uve nebbiolo rilasciano meno estratto nel mosto, e di conseguenza il vino risulta di colore più scarico e di struttura più sottile rispetto a un sangiovese.
In quali regioni si producono nebbiolo e sangiovese?
Che il nebbiolo sia più esigente del sangiovese lo confermano i numeri: considerando solo il vigneto Italia, si coltivano circa 5500 ettari di nebbiolo contro gli oltre 70000 di sangiovese. Il nebbiolo è allevato quasi solo in Piemonte, anche se con importanti appendici in Lombardia (in Valtellina) e in Valle d’Aosta.
Il sangiovese invece è presente in numerose regioni oltre la Toscana: soprattutto in Romagna, nelle Marche e in Umbria.
Entrambe le varietà interessano alcune delle più conosciute denominazioni d’origine del vino italiano.
Nebbiolo | Sangiovese |
Piemonte
Lombardia
Sardegna |
Toscana
Marche
Umbria
|
Qual è il clima ideale per il nebbiolo e il sangiovese
Come si vede, il nebbiolo richiede condizioni di clima, altitudine e latitudine molto vincolanti: si esprime bene tra i 200 e i 500 metri di altitudine, purché ben esposto verso meridione e disposto in filari che lascino penetrare adeguatamente i raggi del sole.
Troverete quindi nel nostro e-commerce nebbioli di media collina (Langhe), come il mitico Barolo Albe di G.D. Vajra, oppure nebbioli di montagna, il nebbiolo della Valtellina, come il sensazionale Rosso di Valtellina di Ar.Pe.Pe..
Diversamente, il sangiovese ha dimostrato di adattarsi a scenari molto vari, da quelli di alta collina potenzialmente validi anche per il nebbiolo, fino a quelli della bassa collina e persino della costiera mediterranea, dal Conero al Piceno, dalla Maremma all’Isola d’Elba.
Potrete acquistare senza pensieri, quindi, sia un sangiovese di alta collina come il Chianti Classico di Val delle Corti (450 m s.l.m.) o un sangiovese come il Morellino Campo Maccione di Rocca delle Macìe, a non più di 130 m s.l.m..
L’importante, per il sangiovese, è che il terroir possieda buone escursioni termiche giornaliere, con notti fresche e giorni miti.
Inoltre il sangiovese è ormai una sorta di vitigno internazionale, poiché dà buoni risultati in California (Napa Valley), Argentina (Mendoza) e Corsica, dov’è conosciuto come nielluccio.
I suoli tipici del sangiovese e del nebbiolo
Quanto ai suoli, le differenze sono più sfumate. Entrambe le varietà, sangiovese e nebbiolo, danno grandissimi rossi se allevate su suoli poveri, che mettono a dura prova le radici delle viti e, di conseguenza, le sollecitano a produrre poco frutto, ma di elevata qualità e concentrazione.
Ottimi, quindi, i suoli calcareo-argillosi e marnosi come quelli delle Langhe, d’impasto compatto o poco più sciolto. Bene anche i terroir di origine vulcanica oppure ad elevato contenuto minerale e ferroso, come l’alto Piemonte e le colline metallifere della Val di Cornia in Toscana.
Per chi vuole provare un nebbiolo o un sangiovese particolarmente minerali, il nostro suggerimento è di acquistare un ottimo Bramaterra come quello di Odilio Antoniotti e il fantastico Rosso dei Notri di Tua Rita.
Il sangiovese si esprime bene anche su suoli più sciolti, ciottolosi, di impasto più vario come in Maremma. Certo, le sue massime espressioni le regalano i comuni del Chianti Classico a più elevata altitudine, dove prevalgono i tipici sedimenti di galestro e alberese.
Quali vini si producono con nebbiolo e sangiovese?
Quanto dura l'invecchiamento di un nebbiolo e di un sangiovese
In cantina, nebbiolo e sangiovese vivono una storia abbastanza simile. Sono entrambi vini da grande evoluzione, e vengono vinificati in rosso con lunghe macerazioni e lunghi affinamenti in grandi botti di rovere.
Per considerare solo le massime espressioni di queste due varietà, si può osservare che, da disciplinare, il Barolo deve riposare in cantina almeno tre anni prima della commercializzazione, contro i quattro del Brunello di Montalcino. Ma questo non ha alcuna rilevanza in fatto di qualità del prodotto.
Sangiovese avanguardista, nebbiolo tradizionalista
In linea generale, si può dire che il sangiovese sia più “aperto” ai nuovi stili di vinificazione e affinamento. Qui incide un po’ anche il contesto toscano, da sempre più avanguardista di quello piemontese, che è invece un più severo custode delle tradizioni.
Il mercato è inoltre oggi ricco di sangiovese "pop", di stile moderno, fresco e di beva immediata, come il Biskero di Salcheto e il Casamatta di Bibi Graetz. Due prodotti da acquistare e bere senza pensieri, considerato il prezzo e l'approccio artigianale dei vignaioli.
Sangiovese e nebbiolo in barrique
Per quanto anche il nebbiolo, da decenni, venga da qualche produttore affinato in barrique (come Elio Altare e il movimento di quelli che furono i barolo boys), il sangiovese barricato ha da molto tempo conquistato il mondo con vini-icona come il Tignanello dei Marchesi Antinori (prima annata 1971).
Non solo: alcuni celebratissimi Brunello di Montalcino subiscono un affinamento in botti di piccole o medie dimensioni, come il Solaria di Patrizia Cencioni.
Il sangiovese, ferma restando l’importanza delle DOCG storiche come Chianti Classico e Brunello di Montalcino e altre, regala al giorno d’oggi molti vini-brand che sono usciti dalle denominazioni tradizionali per fare storia a sé. Oltre al Tignanello, basti pensare al Cepparello di Isole e Olena, al mitico Pergole Torte, al Poggio Valente delle Pupille, al Percarlo di San Giusto e Rentennano e molti altri. Questo movimento è sostanzialmente estraneo nel mondo del nebbiolo.
Sangiovese e nebbiolo: purezza o assemblaggio?
Salvo rarissime eccezioni, solo il sangiovese si è inoltre misurato con l’assemblaggio con uve internazionali, complice il fenomeno tutto Toscano dei supertuscan. Alcuni Bolgheri, come Grattamacco, includono ad esempio un saldo di sangiovese che completa i cabernet e il merlot.
Il nebbiolo, di contro, è vinificato quasi sempre in purezza, salvo i casi in cui la tradizione suggerisca scelte differenti, come in alto Piemonte, dove i grandi Boca e i grandi Lessona includono un saldo di vespolina e altre uve minori del territorio.
Al contrario, in Chianti Classico, dove a differenza di Montalcino tradizione vorrebbe l’assemblaggio del sangiovese perlomeno con il canaiolo, si tende sempre più a valorizzare il sangiovese in purezza come prodotto di punta della regione.
Tipologie di vino da uve nebbiolo e sangiovese
A conferma della sua maggiore versatilità in cantina, il sangiovese viene vinificato rosato, dolce o spumante molto più di quanto non accada per il nebbiolo, che resta – anche per l’esiguità della materia prima di partenza – concepito quasi solo come vino rosso secco:
Nebbiolo | Sangiovese |
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Vino bianco
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Vino bianco
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Vino spumante
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Vino dolce
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In degustazione: nebbiolo vs sangiovese
Si può bere subito un nebbiolo o un sangiovese?
Volendo riassumere in estrema sintesi le peculiarità di un nebbiolo e di un sangiovese in giovane età, si può dire che il nebbiolo avrà gran frutto e agile struttura, mentre il sangiovese avrà un po' più di corpo ed elevata acidità.
Nebbiolo e sangiovese possono essere vinificati, infatti, anche come rossi di beva immediata, da consumare giovani. Sono fatti in questo modo molti Langhe Nebbiolo d'artista come quello di Giuseppe Cortese, e anche i Chianti o i Chianti Classico base, i Rosso di Montalcino e di Montepulciano, come quello della Fattoria del Cerro o ancora il Morellino delle Pupille.
Ciò non esclude un po’ di affinamento in legno, ma esso sarà moderato e breve, quando non del tutto sostituito da una sosta in acciaio di alcuni mesi.
Quanto tempo può invecchiare un nebbiolo o un sangiovese?
Nebbiolo e sangiovese danno vini rossi longevi, molto longevi. Di conseguenza ci troviamo di fronte a vini di stoffa simile, ma con alcune differenze che non possono sfuggire.
Degustare adesso un Barolo o un Brunello degli anni Novanta è un'esperienza emozionale ancora molto appagante: finezza, acidità e tannino originari restituiscono ancora oggi quei vini in perfetta forma. I pesi massimi di queste denominazioni hanno tutta la stoffa per reggere la sfida del tempo. Regalatevi oggi un Brunello Riserva di Biondi-Santi o un Barolo Monfortino di Giacomo Conterno e lo scoprirete.
Il nebbiolo, come il sangiovese, è di color rubino, vivo e a volte violetto in gioventù, ma tende molto presto al granato. Questa evoluzione cromatica, nel sangiovese, che parte da un colore più compatto e vivace, è più lenta. Ad ogni modo, nel medio-lungo periodo, entrambi tendono al granato e infine all’aranciato.
Profumi del nebbiolo e del sangiovese
Tanto il nebbiolo quanto il sangiovese si caratterizzano per il naso intenso e ampio, di eccezionale eleganza.
In gioventù, entrambi rivelano soprattutto note floreali e fruttate, fragranti e pungenti, ed entrambi evolvono gradualmente verso note di frutta scura, amarena confetturata, prugna sotto spirito.
Sempre con l’evoluzione, emergono note speziate, tostate, eteree, balsamiche, di terra, radici, pelli, smalto, goudron. Di fronte a vini che, soprattutto con l’età, esauriscono tutto il quadro dei possibili descrittori sensoriali, è davvero difficile individuare differenze.
Quale sapore ha il sangiovese? E il nebbiolo?
Il sorso di questi grandi rossi è sempre equilibrato, ma in giovinezza può apparire nervoso, indomito, leggermente sbilanciato verso le durezze. È il motivo per cui nebbiolo e sangiovese sono sempre stati lungamente affinati in botte.
Palati austeri, dal tannino inizialmente spigoloso, poi fine e dinamico, il sangiovese si caratterizza per l’acidità galoppante e per la struttura decisa, mentre il nebbiolo esprime struttura sottile e carattere austero.
L’alcol è sempre equilibrato e ben integrato nella struttura di entrambi i vini, mentre la sapidità dipende sostanzialmente dal terroir.
Tipico in entrambi i casi, ma soprattutto per il nebbiolo, un finale amarognolo particolarmente severo, e comunque lunghissimo come quello del sangiovese.
La longevità è del tutto paragonabile, con etichette che possono tranquillamente essere apprezzate anche a più di trent’anni dalla vendemmia.
Abbinamenti per nebbiolo e sangiovese
Potendosi esprimere in molteplici versioni, da quelle più tese e acide a quelle più austere e avvolgenti, nebbiolo e sangiovese si prestano a una infinità di abbinamenti.
Certo, in linea di massima, non si tratta quasi mai di rossi dallo sbicchieramento facile o da aperitivo. Un nebbiolo giovane, anche per ragioni territoriali, va bene tutt’al più con carni crude in tartare, salumi di media stagionatura e carpacci ben aromatizzati.
I sangiovese più giovani e pop possono essere sperimentati anche con pecorini non troppo stagionati o con zuppe di pesce estremamente saporite come il cacciucco.
Agnello, faraona, stracotti, brasati, arrosti anche ripieni, salmì ben conditi, bolliti sono il campo d’azione tipico di rossi di questa levatura. Tra i primi, che siano molto sostanziosi, come un raviolo d’anatra al chiodo di garofano, oppure che siano riccamente aromatici, magari con l’aiuto di un bel tartufo.
Le versioni più dure e austere di un nebbiolo e di un sangiovese, come il Barolo e il Brunello di Montalcino, per la loro decisa tannicità gradiranno l’abbinamento con primi e secondi arricchiti da salse e intingoli. Con le grigliate, invece, meglio optare per versioni più vellutate, come alcuni grandi Chianti Classico.
Del resto, se al nebbiolo possiamo attribuire la palma degli abbinamenti invernali – brasati, bolliti, stracotti – al sangiovese assegneremo il trofeo per tagliate, grigliate e carni in generale di rapida e violenta cottura, con una succulenza interna piuttosto che indotta.