Odilio Antoniotti
L’azienda Odilio Antoniotti e suo figlio Mattia sono i baluardi del Bramaterra, denominazione votata al nebbiolo tra le più significative e forse la più tradizionale dell’alto...
Anno di fondazione | 1860 |
Enologo | Odilio Antoniotti, Mattia Antoniotti |
Vigneto proprio: | 5.5 / ha |
Produzione annuale | 15.000 bottiglie |
Paese | |
Regioni | |
Uve |
Vino di Odilio Antoniotti
Antoniotti Coste della Sesia Nebbiolo 2019
Odilio Antoniotti
L’azienda
Odilio Antoniotti e suo figlio Mattia sono i baluardi del Bramaterra, denominazione votata al nebbiolo tra le più significative e forse la più tradizionale dell’alto Piemonte. Una denominazione strana, perché intitolata a una collina di porfido vulcanico e non a un centro abitato, ma che tra i sette comuni che la lambiscono regala alcuni dei rossi più sensazionali e longevi d’Italia. Agli Antoniotti si deve una parte importante non solo della definizione dei moderni disciplinari di produzione dei rossi del territorio, ma anche del recupero dei vigneti. Sì, perché in alto Piemonte, rispetto ai tempi del pre-fillossera, si è perso anche più del 90% del patrimonio vitato, che è stato rimangiato gradualmente dal bosco.
Ancora oggi, addentrandosi con Mattia verso le vigne, si scorgono in mezzo ai boschi del Bramaterra antichi filari abbandonati e inselvatichiti. E il patrimonio che faticosamente si recupera, in più, è sempre insediato dalla fauna, da cui i viticoltori tentano di difendersi pur nel totale rispetto della biodiversità, quindi con mezzi sostenibili e tutt’altro che invasivi.
E queste non sono neppure le uniche ragioni che spiegano perché la coltivazione del nebbiolo in alto Piemonte, tra Biella, Vercelli e Novara, è a tutti gli effetti una viticoltura eroica. Si aggiungono, infatti, le notevoli pendenze di queste vigne di alta collina, la loro difficile raggiungibilità e i suoli, ardui, impervi e poverissimi, su cui insistono.
Le radici dell’azienda di Odilio Antoniotti sono tutte… sotto casa! L’azienda agricola ha origine nel 1860, ma la cantina e il suo stabile, nella frazione Casa del Bosco a Sostegno, provincia di Biella, risalgono alla fine del Settecento, e sono sempre lì. Tanto che il vicolo dove hanno sede si chiama, manco a dirlo, Vicolo Antoniotti. Le vasche di vinificazione tuttora utilizzate per i rossi di casa sono quelle scavate nel 1901 nella roccia vulcanica della collina del Bramaterra, proprio sotto l’abitazione di Odilio e Mattia, dove c’è anche la cantina. Qui la temperatura si mantiene costante sui 15°C tutto l’anno e garantisce di fatto una fermentazione sì naturale, ma “a temperatura controllata”.
I vigneti, la cantina, lo stile
A parlare, prima ancora che le parole, sono i gesti e gli sguardi di Odilio. Un uomo che ha faticato moltissimo per tutelare il paesaggio e la tenuta dei suoli del suo Bramaterra, per unificare proprietà enormemente parcellizzate in vigneti che sono già destinati a diventare i grandi cru dell’alto Piemonte. Le vigne, da queste parti, sono spettacolari, ma nascoste tra i boschi. Appaiono d’improvviso sbucando da un sentiero. Viti abbarbicate, spesso su pendii scoscesi, che poggiano su rocce di porfido, ricche di acidi, ferro e manganese, insomma tutte sostanze che si riversano in vini di verticale mineralità e dal carattere davvero unico.
I porfidi, come si sa, altro non sono che il risultato dell’implosione di un grande complesso vulcanico che anticamente occupava tutto questo comprensorio. Ci si ritrova quindi in un contesto lunare, tra suoli friabili e pericolosi che mettono a dura prova l’apparato radicale delle viti e le costringono a uno sforzo quasi sovrannaturale per regalare pochi e selezionati frutti. Le vigne di Pramartel, Martinazzi, Cincignone costituiscono un patrimonio frutto di durissimo lavoro, incredibili terrazzi in cima ai colli dell’alto Piemonte da cui, nelle giornate migliori, si scorgono quasi da vicino le vette verso la Valle d’Aosta.
In vigna, la chimica è naturalmente bandita. L’azienda Antoniotti fa parte del circuito ViniVeri, che si distingue per una particolare intransigenza in fatto di naturalità ed ecosostenibilità del prodotto. Le vigne si trovano mediamente a un’altitudine di 400-450 metri sul livello del mare e sono ben drenate e ben ventilate, talvolta circondate da un manto di nebbia poi spazzato via da una bella, a volte pungente, brezza alpina. Aspetto caratterizzante dello stile Antoniotti, basato sulla giusta convinzione che il vino si faccia in vigna e che in cantina si debba solo evitare di sottrarre qualcosa a quanto la natura ha dato, è il ricorso a potature rigorose, che lasciano poche gemme sulla pianta, e quindi riducono ulteriormente le rese (non più di 45-50 quintali per ettaro!) aumentando, e di molto, la qualità del frutto.
Anche in cantina regnano approccio naturale e metodo tradizionale. Lo conferma, come si è detto, la fermentazione con lieviti indigeni direttamente nelle antiche vasche scavate nella roccia. Ma anche, naturalmente, l’assenza di qualsiasi correzione, filtrazione, la riduzione al minimo della solfitazione e di quant’altro possa intervenire sulla assoluta genuinità del prodotto, sul suo essere una materia viva in continua evoluzione. Ultima ma non ultima cosa, in cantina si usano soltanto botti grandi, lasciando a questi rossi il giusto tempo per esprimersi con la dovuta grandiosità.
I vini
Nell’economia generale della tutela del patrimonio tipico del Bramaterra, Odilio ha anche lavorato per valorizzare il ruolo delle uve che, da queste parti, sono sempre state considerate le necessarie comprimarie del nebbiolo, in primo luogo la vespolina e la croatina. Queste uve sono ben rappresentate nei vigneti degli Antoniotti e, come da disciplinare, rientrano nel Bramaterra. Gli antichi viticoltori dell’alto Piemonte, consci del carattere austero e scontroso del nebbiolo giovane, per fare i vini da consumare prima erano infatti soliti assemblare la varietà più nobile con la più aromatica vespolina, caratterizzata da una tipica nota speziata, e con la più corposa croatina, idonea a bilanciare la nota carenza di corpo del nebbiolo.
Il Bramaterra di Antoniotti è considerato ormai da anni uno dei migliori, se non il migliore, della denominazione, e uno dei più grandi rossi dell’alto Piemonte in assoluto. Territoriale, autentico, schiettamente minerale, ricco, acido, succoso, fittamente tannico, è un rosso di un’ampiezza e di una completezza incredibili, pronto a sfidare i decenni. Vino pluripremiato, riposa 30 mesi in botti da 12 ettolitri e si produce con un uvaggio di nebbiolo (70%), croatina (20%), vespolina (7%) e uva rara (3%). Dai vigneti più giovani vocati al Bramaterra si ottiene invece il Pramartel. Un rosso alpino di razza, preciso e verticale, ottimo a tavola, fruttato, speziato, terroso e minerale, con un sorso immediato, dissetante e sbarazzino. Il Coste della Sesia Nebbiolo è un rosso di gamma intermedia, pronto ma austero, gustoso e saporito, che sussurra tutte le qualità del territorio dopo un anno di botte grande.