Monchiero Carbone
L’azienda Monchiero Carbone si trova a Canale, nel centro del paese, in un antico cascinale signorile ottocentesco, che ospita nei suoi sotterranei un’ampia e affascinante cantina storica,...
Anno di fondazione | 1987 |
Enologo | Francesco Monchiero, Marco Maria Monchiero |
Vigneto proprio: | 35 / ha |
Produzione annuale | 190.000 bottiglie |
Paese | |
Regioni | |
Uve |
Vino di Monchiero Carbone
Monchiero Carbone Barbera d'Alba Pelisa 2019
Monchiero Carbone
L’azienda Monchiero Carbone si trova a Canale, nel centro del paese, in un antico cascinale signorile ottocentesco, che ospita nei suoi sotterranei un’ampia e affascinante cantina storica, intatta da oltre due secoli. L’azienda deve il nome all’unione di due famiglie, grazie al matrimonio tra Marco Monchiero e Lucia Carbone, e dalla conseguente unione dei vigneti ereditati da entrambi. Le origini e i legami con il mestiere di viticoltore vanno però ricercate nel passato, tra i membri delle due famiglie.
Capostipite dei Monchiero fu Clotilde Valente, che sposò Giovanni Raimondo, detto Giobbe, appena tornato dall’America, dove aveva trascorso i dodici anni della sua gioventù per fare fortuna. Lo scoppio della grande guerra li divise quasi subito lasciandola sola, ancora senza figli, ad amministrare il loro denaro e il loro futuro: nel 1918 Clotilde decise di acquistare il vigneto di Mombirone, che poi coltivò per tutta la sua vita, dando natali al vino storico di famiglia, la Barbera d’Alba Mombirone. Una piccola produzione prima venduta sfusa e poi imbottigliata a partire dall’annata 1961, che proseguì fino ai giorni nostri, grazie ai nipoti Giovanni e Marco Monchiero che continuarono a vinificarlo per passione durante gli anni ‘70 e ‘80.
Sempre agli inizi del ‘900 il bisnonno Enrico Carbone, detto Ricu, sposa la giovane Lucia Gioetti. Lucia, figlia del benestante mezzadro del Conte di Canale, porta in dote un accurato corredo e una buona somma di denaro, che viene destinata all’acquisto di un terreno sulla collina del Tanon (Tanùn), dove Ricu volle subito piantare un vigneto di arneis per produrre quel vino bianco tenuto dolce, secondo il gusto del tempo. Il vigneto di Tanon passò a sua volta nelle mani del nonno Francesco Carbone, detto Cecu d’la Biunda, anch’egli appassionato di arneis.
È il 1987 quando Marco Monchiero, enologo di fama nazionale, e la moglie Lucia Carbone decidono di acquistare la grande cascina di via S. Stefano Roero: sono appena rientrati al paese in seguito alle numerose esperienze lavorative che Marco ha maturato in importanti realtà vinicole italiane. Oggi Francesco, suo figlio, attivo in azienda dal 1990, rappresenta una delle personalità più significative del Roero. Attivo in giro per il mondo a raccontare la storia e le qualità di questo territorio piemontese, Francesco ha ridato vita all’azienda partendo dal suo stesso dna: la barbera Mombirone e il Roero Superiore. Il forte amore per questo territorio unico lo ha portato a diventare il primo presidente del Consorzio del Roero nel 2013.
L’arneis entra in gamma nel 1994, quando questo bianco autoctono piemontese era ancora semisconosciuto. Negli anni l’azienda si è sviluppata, grazie all’ampliamento della cantina di vinificazione nel 2004 e l’acquisizione di nuovi vigneti, dando massima importanza alla scelta dei terreni, individuati con estrema accuratezza, poiché riconosciuti come i veri artefici della qualità dei vini. La tenuta si è così accresciuta raggiungendo gli attuali 35 ettari. Tra le acquisizioni più importanti la vigna del Printi, il vigneto di Renesio, sulla collina che diede origine all’uva arneis, e il cru Genestreto, nel comune di Priocca: gli appezzamenti di proprietà della famiglia costituiscono un ideale catalogo dei principali grand cru del Roero.
Ciò va a vantaggio soprattutto dell’arneis, che con il tempo è diventato il protagonista della gamma di Monchiero Carbone. L’azienda ne produce due diverse espressioni, dalla più immediata, il Recit, un bianco fruttato, floreale e ammandorlato da solo acciaio, proveniente da uve di Canale, Vezza d’Alba e Priocca, alla più complessa, classica e articolata, che è il Cecu d’la Biunda, dedicato alla figura di nonno Francesco (“Cecu”), figlio di nonna Lucia (“la Biunda”), grande appassionato e precursore dell’arneis.